All’andata, quando tutto era ancora nella norma, il mio amico Luca mi disse che questo era il nostro viaggio della speranza. Io non capii bene a cosa volesse alludere. Prima di partire, si comprò topolino e una birra dopo l’altra lo lesse, voracemente, prima di passarlo a me. Non sono solito leggere fumetti, ma per passare il tempo sul treno andava bene. Generalmente leggo classici italiani e stranieri, ma anche altri generi. Il mio amico, invece, oltre ai fumetti, leggeva solo la gazzetta dello sport.

Quando giungemmo alla meta, le nostre vacanze al mare,  Giulio mi confidò di essere contento di condividere il soggiorno con me, in quanto mi riteneva molto in gamba, dotato di intelligenza superiore. Nell’hotel soggiornavano due ragazze carine, e lui si aspettava che io, che parlavo con tutti, perfino con gli animali, attaccassi bottone. Nella peggior ipotesi, anche se a me non interessava mentire su questo, al nostro ritorno, avremmo detto che avevamo cuccato alla grande: questa era la sua idea.

Era da un mese che non prendevo più i farmaci per la psicosi e tutto sembrava andare a gonfie vele, mi sentivo benissimo, anzi mi sentivo speciale.

Prima di partire, andai con un amico in comune a una festa vicino alla mia città. Bevvi, ma non prendendo più le medicine da tempo l’alcol non sortì conflitto alcuno. Fu in quella occasione che quest’altro amico mi parlò di una spada che aveva acquistato a una festa medievale.

L’amico in comune si chiamava Luigi, detto Gigi e ci chiamava spesso durante la nostra vacanza.

I primi giorni di permanenza, vivevo continuamente Déjà vu e déjà-vécu. Poi cominciai ad avere risposte quando mi esprimevo col pensiero e quindi mi convinsi che potevo entrare nella testa delle persone e comunicare solo con la mente. Da lì in poi, macchinai senza soluzione di continuità, riguardo a idee mistiche. Sentivo di essere una figura angelica in missione, un angelo di giustizia, l’Arcangelo Michele, fino a arrivare a pensare di essere il Signore, ovvero Dio.

Ero schiacciato dalla responsabilità e credevo che ora che avevo scoperto la verità, il mondo sarebbe finito per poi ricominciare tutto daccapo.

Giulio mi chiese perché non gli avevo fatto ancora conoscere le due ragazze. La mia testa era impegnata in altri pensieri, molto più alti e essenziali per me: la ricerca della mia vera origine. Forse a questo, mi chiedevo, si riferiva il mio amico quando disse: “è il viaggio della speranza”. Sapevo che si riferiva alle avventure con le tipe, ma volevo vederlo meglio di quanto era realmente.

Quando si accorse che avevo dei problemi di salute, voleva abbandonarmi, voleva tornare a casa con una scusa lasciandomi da solo. Fu Gigi che al telefono lo convinse a restare.

Gigi teelefonò anche a me. Mi chiese dov’era andato Giulio e io non lo sapevo. Stava facendo un lungo giro. Mi venne in mente della festa medievale e della spada: l’associai al Verbo, alla spada di Michele Arcangelo. Avevo dei dubbi comunque, non ero sicuro di essere né Lui né l’Altissimo. Ero sicuro però di essere un’Entità di giustizia, in quanto, da sempre, ho avuto a che fare col maligno, da sempre ci lotto.

Così vedevo il diavolo dappertutto e decisi di tornare a casa in anticipo.

Durante il viaggio di ritorno, macchinai tutto il tempo con una velocità di pensiero eccezionale; quando arrivai a casa la magia finì.

Il mio amico più tardi raccontò tutto agli altri membri della nostra compagnia e disse che gli avevo rovinato la vacanza. L’anno seguente mi tenne allo scuro di tutto e seppi, soltanto dopo la sua partenza, che era tornato nello stesso posto ma aveva cambiato hotel. Gli amici mi dissero che li aveva pregati di non dirmi niente. Quando tornò si vantò di aver avuto un sacco di rapporti sessuali.


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